Teatro

Fringe: Butterfly suite, l'anima (troppo elementare) di Marilyn e Mia

Fringe: Butterfly suite, l'anima (troppo elementare) di Marilyn e Mia

Cristina Donadio e Lalla Esposito portano in scena un omaggio a Marylin Monroe e Mia Martini con le musiche di uno trio live capitanato da Marco Zurzolo. Canzoni, riflessioni intime e rievocazioni sono alla base di questo spettacolo che prende le mosse dal precedente Suite per anime farfalla.

«Cristina Donadio è brava. Marco Zurzolo è bravo. Quindi, Butterfly suite sarà un bello spettacolo»: le parole certe, non speranzose, di un fotografo di sala, pochissimi minuti prima dell’apertura del sipario, lasciava sperare in elementi certi fondati su sicurezze trapelate, e così per pochi attimi abbiamo creduto che quel “bello” potesse riferirsi non tanto alla qualità dell’operazione in sé, quanto – magari – agli aspetti più specificamente spettacolari e/o visivi, quegli aspetti che l’occhio di un fotografo è sempre pronto ad esaltare. Ma ci sbagliavamo entrambi.

Il sipario si apre per un quarto, lasciando un varco centrale che rivela «l’anima di Marylin Monroe» – come precisato nel programma di sala – immobile che con l’incedere di una rivisitazione live di Bye Bye Baby, ad opera del trio Zurzolo-Cincotti-Cirillo (sempre in scena), comincia a prendere vita e finalmente a danzare. A questo punto s’innestano due brevi monologhi di presentazione, recitati dalla Donadio e da Lalla Esposito, che in maniera apertamente dichiarata fanno riferimento ai due personaggi protagonisti di Butterfly suite: Marylin Monroe e Mia Martini, due figure di donne e artiste sfortunate il cui punto d’incontro, oltre alla tragica fine, è rappresentato dalle iniziali dei loro nomi d’arte (M M). Due personalità che nella prospettiva drammaturgica di questo lavoro sembrano sovrapponibili, come testimonia la scelta di far recitare in più di un’occasione le stesse battute all’unisono dalle due attrici, e speculari. All’esuberanza scenica dei numeri vocali delle interpreti – con una Donadio non sempre intonatissima – che passano in rassegna gli episodi più celebri dei repertori attribuibili a Monroe e Martini fanno da contrappunto diversi inseriti video, in bianco e nero, che esprimono la dimensione più autentica e privata dei personaggi.

La struttura drammaturgica è piuttosto elementare, costruita sull’esile scansione video-canzone Monroe-video-canzone Martini – con qualche piccola eccezione – e sulla presenza appartata e solitaria dell’«anima di Marylin Monroe», per buona parte accasciata, testimone inerte che in rarissimi momenti si rianima per esibirsi in un paio di coreografie. Un’impostazione che purtroppo mostra la corda già dopo la prima mezzora e che procede senza variazione alcuna, placidamente, fino al termine, regalando per fortuna al pubblico la sola nota lieta della musica proposta dall'ottimo trio sax-piano-contrabbasso.